forza del segno, magia del colore
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la Critica
ANTONIO VANGELLI, SEGNO, COLORE E UTOPIA
Antonio Vangelli (Roma, 23 febbraio 1917 - 14 dicembre 2004) era un uomo dalla corporatura imponente, ma di indole gentile. Un,o spirito leggero rifugiatesi in un fisico quasi mastodontico. Vangeli! era uno spirito leggero, che tuttavia, sapeva sondare in profondità il mondo di cui faceva parte, quello dell'arte, e il mondo tutto che lo circondava. Vangeli! possedeva una lieve ironia e sapeva pesare le parole, ma soprattutto l'amicizia, cui attribuiva grande importanza, forse quanto alla sua arte. In pittura Vangelli era un poeta e insieme un interprete lucido delle faccende mondane, per cui in cinquanta anni di attività, la sua pittura è rimasta concreta e attuale.
L'arte di Vangelli, nonostante, debba tanto all'astrattismo puro, all'informale e alla pittura segnica e gestuale, non ha quasi mai varcato il confine della figurazione. Anche i dipinti (tra l'altro numerosi) intitolati dal maestro romano "Composizione" alla maniera degli astrattisti, sono figurativi. Sono cioè composizioni che rifiutano o si pongono al di sopra di ogni tentativo di classificazione e respingono l'annosa polemica, che infiammò il nostro Dopoguerra, tra astrattismo e realismo. Tuttavia, il Vangelli più apertamente figurativo, a dispetto delle correnti realistiche contemporanee, non compiva rappresentazioni crude o cupe della realtà, ne concepiva la pittura figurativa un mezzo per esprimere inquietudini esistenziali proprie o altrui. Ne esprimeva pulsioni nichiliste, ne "manifestava" alcuna ideologia tramite la pittura. E tutto ciò in anni in cui, soprattutto in Italia, per gli artisti come per gli intellettuali l'impegno era un imperativo. Piuttosto Vangelli traduceva il mondo con un rincaro di dose di vitalità. Senza banalizzazioni liberava le cose della loro crosta pesante e ne estraeva il nocciolo leggero e tanto fragile e prezioso da poterlo manipolare solo con i mezzi propri della pittura: colore e disegno.
Così, Vangelli compiva "miracoli" tali da trasformare esplo-sioni atomiche in alberi e frutteti (o viceversa!), tralicci della luce in affascinanti strutture architettoniche, torri senza tempo, che si stagliano nella campagna romana, giganti invincibili come i mulini a vento del Don Chisciotte.
Vangelli contrapponeva alla visione tragica dell'arte degli anni appena precedenti o contemporanei alla sua formazione, la leggerezza. La leggerezza nella accezione che ne diede Italo Calvino nelle sue celebri Lezioni americane. "L'inferno è già qui. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio", scriveva Calvino ancor prima ne Le città invisibili.
La fedeltà all'imperativo della leggerezza ha anche condotto Vangelli ad aderire alla pittura bidimensionale e insieme gli ha impedito di ricorrere ai formati giganti "all'americana", che forse gli avrebbero procurato in termini commerciali molta fortuna Oltreoceano.
Vangelli potè trovare precedenti manifestazioni della "leggerezza calviniana" nelle opere fauves, in Matisse, Bonnard, Derain... e più indietro nel tempo nel divisionismo impressionista francese. In quell'arte insomma, che al suo pari, non oltrepassò mai la soglia della figurazione e respinse sempre il concettualismo, che si è affermato dal cubismo in avanti, con Picasso e Braque. Dai Fauves Vangelli prese le mosse quando nel 1953 dipinse i suoi primi personaggi da circo. Tanto cari anche a Picasso, ma in Vangelli erano eseguiti con una sensibilità distante dal maestro catalano. I personaggi da circo dipinti dal maestro di Trastevere nei lontani anni Cinquanta annunciavano già tutta la sua arte successiva. È da lì, da piccoli quadri di 40 x 50 cm, che la sua ricerca prese l'avvio e crebbe decennio dopo decennio. I favolosi '60, le ardite composizioni degli anni '70, fino agli imprevedibili Punk a Londra dei primi anni '80. Alla pulizia compositiva dei Ponti geometrici e via via fino alla fine del XX sec, quando colore e materia si fondono e danno vita a un segno se possibile ancor più energico e vibrante.
La figurazione vangelliana è talmente ridotta all'osso, così scarnificata e tematicamente "monotona", che non possiamo non sospettare che ci sia, anche suo malgrado, una componente concettuale nella sua pittura. In altri termini una voluta insistenza nel sottolineare il primato della pittura, persino in anticipo rispetto al fortunato movimento della Transavanguardia. Quanto Antonio Vangeli! ne fosse consapevole non ci è dato sapere, ma certamente la sua arte ne è testimonianza. Vangeli! era sì un gran conversatore, ma lei sue idee sull'operare artistico le esprimeva in primis con la pittura stessa, con le sue tele, che parlano un linguaggio puro come spartiti musicali. Grafismi e immagini quelli stesi sulla tela e sulla carta da Vangelli, che stimolano le emozioni in profondità e accendono pertanto la nostra intelligenza emotiva.
Sono pochi, dicevamo, i temi figurativi cari a Vangelli, di cui elaborava infinite varianti, con fughe in avanti e assestamenti. Il maestro romano sosteneva un dialogo continuo, ma sempre a distanza, con l'arte e i movimenti contemporanei. Da Mafisse, appunto, alla Scuola romana, all'Informale, fino alla già menzionata Transavanguardia. Ma fedele al proprio percorso di ricerca per affermare la primazia della pittura. Quindi ecco il repertorio figurativo ridotto ai personaggi da circo, ai ponti, alle atomiche, ai paesaggi rurali e periferici, agli oppositori, sorta di scheletri e zombie, o più raramente simili a creature
mitologiche quali i grifi. Tutti (pochi) temi, cui resta fedele nei decenni, da tradurre in mere composizioni, in pura pittura, da tradurre nella sintassi pittorica, fatta di colore, segno, materia, geometria, con la sua propria cifra stilistica, irripetibile e immediatamente riconoscibile.
Quanto rigore c'è nelle sue opere ( e quanto Mondrian c'è in Vangelli? viene da chiedersi). Quanto si sforzava il nostro nel restituire al mondo che rappresentava un ordine geometrico armonioso, un'architettura compiuta e rassicurante. Dall'inferno del mondo mirava, forse, Vangelli ad estrarre quel che non è inferno. E, forse, questa era l'utopia che Vangelli inseguiva:
restituire armonia al mondo tramite la pittura. Non rappresentare i ponti, ma ricostruirli, ridisegnare il paesaggio, riportare l'umanità alla dimensione innocente del circo, trasformare le atomiche in alberi vigorosi e lussureggianti.
Milano, ottobre 2007
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